mercoledì 14 novembre 2018



4-LE EMOZIONI (ANATOMIA DELLE EMOZIONI, Davide Corvi)
Anche la definizione di emozione potrebbe apparire troppo minimalista. 
L’emozione è l’insieme di una sensazione corporea e di un pensiero ad essa strettamente associato, in cui quest'ultimo ha un contenuto che spinge a un certo comportamento, è cioè un pensiero motivante (“Devo assolutamente fare questo”, “E’ necessario che…”, “E’ intollerabile che”, “E’ ottima cosa fare così…”, “Devo fuggire da questa cosa…”, “Questo oggetto è desiderabile, devo averlo”, etc…) .
Quindi, schematicamente: 
emozione=sensazione corporea+volizione.
Per quanto detto il fenomeno emozione comprende soprattutto 2 dei 6 sensi: quello mentale e quello corporeo somatico e viscerale. Gli altri sensi possono scatenare un’emozione, ma non sono parte del fenomeno “emozione”.
Questa definizione è una novità che può portare molti frutti. 
Il primo frutto ha a che fare con il titolo di questo libretto: se l’emozione è una sensazione corporea associata a un pensiero, e se la sensazione corporea ha sempre-per definizione- una sua anatomia, qual è l’anatomia delle emozioni?
Esistono delle conformazioni “geografiche” delle sensazioni che tipicamente si associano a un’emozione?
Sicuramente sì, anche se la ricerca non è ancora andata così lontano da tracciare una vera “mappa” delle emozioni. Un primo, ancora impreciso, ma utile tentativo è stato fatto in questa ricerca: http://www.lescienze.it/news/2014/01/02/news/mappa_corporea_emozioni_percezione-1945453/
E’ esperienza di tutti coloro che si dedicano all’introspezione il fatto che alcune emozioni si localizzino nel nostro corpo. Pensiamo alla frase: “Ho provato una profonda gioia nel cuore”. Non è indice forse del fatto che alcune forme di gioia hanno una componente “toracica” spiccata? (Per la definizione di torace, di addome, e di altri termini anatomici qui usati vi rimando ai testi classici di anatomia).
Se gruppi di ricercatori adeguatamente addestrati all’auto-osservazione si dedicassero allo studio di questo fenomeno forse potremmo disporre di una mappa sia figurativa che descrittiva, in cui una certa forma di gioia venga descritta (per fare un esempio fantasioso ma non troppo) come “prevalentemente toracica anteriore, con una lieve componente cervicale anteriore e una lieve tardiva componente addominale”. Certe forme di paura o di preoccupazione potrebbero svelare una predominante componente cranica (“Ci ho pensato così tanto che mi scoppiava la testa!”), e via di questo passo. 
I ricercatori potrebbero cioè scoprire l’analogo occidentale di quello che nei testi orientali viene di volta in volta chiamato “Chakra”, “Vento interiore”, “Canale energetico”, eccetera. 
Inoltre queste osservazioni potrebbero contribuire a spiegare meglio le tanto citate “somatizzazioni” di problemi psicologici. Non mi stupirebbe scoprire per esempio (ma sto dicendo una cosa priva di qualunque base osservazionale) che l’eccesso di emozioni prevalentemente craniche porti qualcuno a soffrire di cefalea.
Il secondo frutto riguarda la possibilità, per chi si dedica alla psicologia interiorista, di agire sulle emozioni problematiche e trasformarle. Avendo capito che l’emozione è composta da due parti si può cercare di agire sull’una e sull’altra in modo forse più consapevole ed efficace che non se si considerasse l’emozione un’entità non scomponibile, indefinita e oscura. Per esempio si può lavorare sul pensiero che si associa all’emozione, contrastandolo con un pensiero differente, e si può lavorare sulla sensazione, imparando ad accettarla, a non amplificarla, a lasciarla passare, etc… Ma sulle applicazioni della psicologia interiorista torneremo in seguito.
Qui basta osservare che esistono metodi per ridurre o annullare il peso di alcune emozioni negative, ma il primo passo per combatterle è capire che sono negative.
C’è chi per esempio sostiene che la rabbia è servita in questa o in quella occasione per ottenere determinati risultati. Non dubito che un uso della forza, in tutte le sue forme, possa far ottenere nel breve termine alcuni successi, ma il punto è: la rabbia è di per sé positiva? Una personalità caratterizzata dalla tendenza alla rabbia vive costantemente una tensione sgradevole e crea costantemente intorno a sé un clima poco sereno. Nel lungo termine gli iracondi rischiano solitudine, amarezza, e problemi di salute di vario genere. Ma se una parte di noi anche piccola continua a trovare comoda, vantaggiosa o positiva un’emozione che razionalmente è invece dannosa, nessun metodo ci permetterà di scalzarla, perché in realtà non vogliamo scalzarla.








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