martedì 13 novembre 2018



3-I PENSIERI

Quegli americani allegrotti e disinvolti che si fan chiamare comportamentisti ( ...)dichiarano con un certo calore che non hanno proprio nulla in mente e che pensano esclusivamente con i muscoli; cosa alla quale siamo portati a credere, se prendiamo in esame alcuni dei loro pensieri.
(G.K.Chesterton)
Appearances do not bind you; conceptual attachments bind you. Cut off conceptual attachments, Naropa.
(Meditation on the nature of mind, Dalai Lama, Khonton Peljor Lhundrub, José Ignacio Cabezon)

In un accurato studio al riguardo, Roland-Gosselin (1930; 709) fissa a scopo di indagine il significato esatto del termine "intuizione", quale gli risulta dal vocabolario filosofico del Lalande; "vista diretta e immediata di un oggetto di pensiero, attualmente presente allo spirito e colto nella sua realtà individuale".
U. Eco Scritti sul pensiero medievale

Siamo abituati a molteplici usi di questa parola, per cui può essere che la mia proposta appaia riduttiva. Non dobbiamo però dimenticare che qui stiamo parlando delle componenti più semplici ed elementari delle costruzioni della mente umana, stiamo parlando delle lettere, e non bisogna confondere le lettere con le parole. 
Ecco come un filosofo tomista contemporaneo ha definito il “pensiero”:
“C’è accordo tra il realista e l’anti-realista che i pensieri siano enti cognitivi con particolari contenuti intenzionali” (John Haldane, Reasonable Faith)
Tale definizione ha alcuni difetti: intanto presuppone la definizione non semplice di “enti”, in secondo luogo pecca di circolarità con l’introduzione dell’aggettivo “cognitivo”, infine è esperienza di tutti che molti pensieri non abbiano alcun contenuto “intenzionale”: basta pescare nel mare di tutti i pensieri descrittivi (ad esempio “oggi ci sarà la luna piena”; “Mario è adirato”).
I pensieri semplici, disponendosi in milioni di combinazioni diverse, danno luogo a conversazioni, creazioni letterarie e scientifiche, conversazioni eccetera. La definizione sotto riportata non riguarda queste creazioni della mente umana, ma i singoli pensieri da cui ogni creazione o conversazione o idea umana è composta.
Ecco allora la definizione:
Si percepisce un PENSIERO ogni volta che si percepisce un particolare significato o collegamento fra i fenomeni sensoriali, ovvero ogni volta che quello che percepiamo non è semplicemente riassumibile in un insieme di esperienze sensoriali o di ricordi o di immaginazioni sensoriali. Un pensiero è qualunque fenomeno appaia al di fuori dei sensi e della loro rielaborazione mnestica.
In modo più sintetico: Ciò che non è visivo, non è uditivo, non è ricordo visivo, non è ricordo uditivo e non è sensazione corporea, ecco quello che io chiamo “pensiero”

Il pensiero è quindi qualcosa che va oltre le percezioni sensoriali, le immaginazioni sensoriali e i ricordi sensoriali, in quanto è una ulteriore rielaborazione del contenuto mentale, una rielaborazione che produce significato, per esempio tracciando dei collegamenti fra le cose.
Per essere più chiari, se il sapore di un biscotto mi ricorda mia nonna e mi richiama alla mente la necessità di andarla a trovare, di tutti questi eventi mentali (sapore, ricordo sensoriale della nonna, ricordo sensoriale della sua frase "vienimi a trovare" , e percezione della necessità:"E' opportuno che io vada da mia nonna, altrimenti si offenderà") solo quest'ultima è un pensiero o un insieme di pensieri, mentre tutti gli altri materiali mentali sono definiti in altro modo.
E' importante capire che questo "messaggio" che chiamiamo pensiero non viene sempre percepito come insieme di parole, ma è in genere una percezione pressoché istantanea che solo in seguito e solo in alcuni casi viene "tradotta" in parole.
Quindi i pensieri non sono sempre formulati con parole nella nostra mente. Questa è esperienza comune di chiunque abbia una certa capacità introspettiva. Potremmo dire che, diversamente dall’incipit del Vangelo di Giovanni (“In principio era il Verbo”) nella componente cognitiva della mente “In principio è il significato” mentre il “verbo”, scritto ovviamente con la minuscola, viene successivamente, o in contemporanea.
Probabilmente quando esseri capaci di elaborare azioni complesse ma incapaci di parlare, come le scimmie, riescono a svolgere un compito piuttosto ingegnoso, hanno vissuto dei pensieri privi di parole, ma non potremo mai saperlo realmente perché la certezza potrebbe venire solo dalla comunicazione verbale di tale esperienza. Finché non siamo dentro al cervello di una scimmia non potremo mai sapere se tali compiti vengono svolti come li svolgerebbe un automa oppure con una percezione del proprio vissuto mentale.
Un sottogruppo particolare dei pensieri sono le volizioni, cioè quei pensieri che spingono all’azione: “Devo fare questo…”, “Ora agirò così…”, “Voglio questa cosa…”, etc…Possiamo anche chiamarle “pensieri motivanti”.
Torneremo più volte a riflettere sui pensieri. Anticipiamo alcune considerazioni pratiche che mostrano come sia di vitale importanza “pensare al pensiero” e “definire un modo corretto di pensare”.
Quanto più siamo convinti della verità di un pensiero e di una “costellazione” di pensieri,  tanto più la nostra vita e i nostri comportamenti ne saranno influenzati, al punto che molti comportamenti “disfunzionali” spesso sono direttamente correlati a convinzioni irrazionali, cui si presta una fede cieca: pensiamo al dirigente aggressivo che ritenga che sia sempre e comunque inaccettabile essere contraddetto o sminuito, all’arrivista convinto che il successo sia molto più utile dei valori umani, al fobico che non accetta una situazione normale perché falsamente convinto della sua pericolosità, al politico razzista, che ritiene dannose alcune categorie di persone. Tutti costoro sono vittime di alcuni pensieri, alcuni inculcati e programmati da altri (educatori, genitori, società). Imparare a prendere la distanza da tutti i propri pensieri è il punto di partenza per una nuova impostazione della propria vita, più matura e razionale, e forse più felice. Per questo è importante osservare e criticare spesso da molti punti di vista i propri pensieri.
Ma è possibile osservare un pensiero? Ne parleremo nel capitolo X. ((Secondo alcuni maestri Dzogchen e Chan quando osserviamo un pensiero esso in breve tempo scompare. Ma per capire questa frase bisognerebbe definire il verbo “osservare”.  Il termine qui non significa ovviamente guardare con gli occhi, ma guardare con la facoltà dell’attenzione. Generalmente possiamo semplificare le attività della nostra vita dicendo che quando non riposiamo la nostra mente ha sempre un’attività principale e delle attività secondarie, e che queste ultime vengono svolte con un grado maggiore o minore di automatismo. Quanto più l’attività principale è impegnativa per la nostra mente, tanto più le altre attività diverranno automatiche, quasi come se fossero “svolte da qualcun altro”.
Se la mia attività principale è un certo pensiero, non può essere “principale” anche l’attività di “osservatore del pensiero”.  Nel momento in cui quest’ultima diventa principale, la prima abbandona il campo della coscienza, persistendo brevemente come immagine o ricordo sensoriale.))





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