mercoledì 14 novembre 2018

6- L’ATTENZIONE

6-L’ATTENZIONE

“Il fatto stesso di percepire, di fare attenzione, è di carattere selettivo: ogni nostra attenzione, ogni nostra fissazione della coscienza, comporta una deliberata omissione di ciò che non interessa.”
J.L. Borges Discussione (Tutte le opere, Mondadori)

Abbiamo passato in rassegna tutti i componenti essenziali della nostra vita, gli “atomi esperienziali”.
Abbiamo scoperto che le emozioni non appartengono agli atomi esperienziali: sono piuttosto delle “molecole”, essendo l’insieme di due atomi esperienziali (pensieri e sensazioni).
Ora però dobbiamo concentrarci su un aspetto di questo teatro che non abbiamo citato prima, ma non certo perché meno importante: la luce, l’occhio di bue, o fuori di metafora l’attenzione. 
L’attenzione è la capacità della nostra mente di selezionare e soffermarsi su uno o più fenomeni esperienziali. E’ al di fuori dei contenuti dell’esperienza in quanto ne è il regista, o il fotografo che punta l’obiettivo in un punto preciso di un vasto panorama.
I meccanismi neurali che soggiacciono all’attenzione sono complessi, e strettamente collegati ai meccanismi che regolano sonno e veglia. 
Da un punto di vista interiorista l’attenzione è semplicemente la nostra facoltà di scegliere e mantenere un oggetto come centro della nostra stessa esperienza istantanea. È intuitivo capire che l’attenzione quando non è automatica, è conseguenza di un pensiero volitivo precedente.
Quando prestiamo attenzione a qualcosa, nella nostra mente sono presenti contemporaneamente due tipi di fenomeni: l'oggetto su cui ci concentriamo (che con una terminologia usata da Lloyd Morgan prima e da William James poi possiamo definire oggetto focale) e gli oggetti di sfondo: ossia l'insieme di quei fenomeni- comprendenti i pensieri e tutti e 5 i sensi- che non sono desiderati dalla nostra volontà istantanea, ma rimangono sullo sfondo, colorando come una colonna sonora la nostra esperienza del momento oppure completando attraverso comportamenti automatici la nostra attività del momento. Essi sono stati chiamati da Morgan "oggetti marginali", ma qui useremo il termine "oggetti di sfondo".
Se guardando un film diciamo: "Questa scena mi ha commosso" intendiamo dire: “la percezione della scena (oggetto focale) era accompagnata da alcuni oggetti di sfondo, e fra questi vi erano le sensazioni e i pensieri che vengono "letti" dalla mia mente come “commozione
Ora: se lo sguardo dell'osservatore non si limita alla scena del film ma decide di osservare contemporaneamente sia la scena sia le proprie sensazioni interiori, ecco che le percezioni e i pensieri legati alla commozione divengono anch'essi "oggetto focale", ed è possibile conservare una certa distanza e lucidità rispetto a queste percezioni, divenendo "osservatori non commossi della commozione".
Matthieu Ricard si è espresso più o meno così: "La mente che guarda la tristezza non è triste, la mente che guarda la rabbia non è arrabbiata".
Questo schema è sicuramente un modello semplificato: l’attenzione molto spesso oscilla continuamente dall’oggetto focale agli oggetti di sfondo e ciò che rende “focale” un oggetto potrebbe essere semplicemente la maggior quantità di istanti trascorsi “su di lui”. 
Si tratta quindi solo di un modello pragmatico, e non della verità neurologica.
Per concludere osserviamo che l’attenzione non fa parte degli atomi esperienziali, ma piuttosto di quello che definiremo come “poteri”.



Nessun commento:

Posta un commento