L’ANATOMIA DELLE EMOZIONI
“Therefore, in the process of establishing both external and internal phenomena, we must rely on reasoning.”
Dalai Lama
Stages of meditation
1 E’ GIUSTO RIDURRE AD ATOMI L’ESPERIENZA UMANA?
La nostra esperienza di esseri umani è costituita da fenomeni provenienti dai cinque sensi e da elementi più complessi, definibili di volta in volta come pensieri, emozioni, volizioni, etc...
Nei trattati buddhisti si parla di sei sensi, di cui il sesto sarebbe quello attraverso cui si percepiscono i pensieri stessi: di questa curiosa classificazione parleremo in seguito.
A mio avviso si potrebbe pensare di ridurre a pochi "atomi esperienziali" ogni fenomeno percepito dalla nostra coscienza (nel capitolo sulla coscienza chiarirò che però al termine “coscienza” andrebbe riservata una definizione di gran lunga più precisa della comune accezione). Prima di capire come ciò sia possibile vorrei usare la similitudine della partita a scacchi. Molti sanno che gli elementi che si muovono sulla scacchiera sono, per ogni schieramento, le otto pedine, le due torri, i due cavalli, i due alfieri, il re e la regina: relativamente pochi pezzi per un gioco così fenomenale e ricco di sfumature. Com’è possibile che battaglie, strategie, lampi di genio, soddisfazioni gioie e frustrazioni intense, siano dovute solo a quei trentadue pezzi?
Eppure è così: sono i “pensieri” che stanno dietro a quei pezzi, le regole del gioco, associati alle infinite combinazioni in cui essi possono disporsi, a creare il mondo scacchistico.
Uscendo dall'analogia, se io dovessi proporre i "pezzi" fondamentali di ogni nostro istante di vita, qualcuno potrebbe ribellarsi vedendo così smontata la sacralità della sua esistenza, e dichiarare che la vita non può essere riducibile a quei pochi pezzi.
E avrebbe ragione: la vita è molto di più, così come gli scacchi sono molto di più di trentadue statuette, e così come la letteratura non è riducibile al numero delle lettere dell’alfabeto né la biologia al susseguirsi di basi azotate del DNA: tuttavia in un’altra ottica tutta la letteratura non è altro che una combinazione di quelle poche lettere.
È giunto quindi il momento di presentare gli “atomi esperienziali”. È chiaro che da un “ricercatore sincero” (epiteto con cui il monaco Buddhadasa iniziava i suoi discorsi) mi posso aspettare varie obiezioni, per esempio il suggerimento di aggiungere “atomi” che ho trascurato, sfuggiti alla mia ricerca, ma credo sia difficile che possa criticare l’impostazione atomistica di per sé. Infatti se questo studioso dovesse riferire di uno stato mentale che non ha alcun legame con gli “atomi”, dovrebbe comunque essere in grado di descrivere sommariamente questo stato (immaginiamo un particolare rapimento mistico o l’effetto di una certa droga), e sfido chiunque a concepire alcuna descrizione che trascenda contemporaneamente sia i sensi che i pensieri, cioè gli “atomi” di cui sotto. Esperienze di questo genere, se esistono, sono indescrivibili e quindi non possono essere oggetto di studio scientifico. Tuttavia sono pronto ad analizzare possibili obiezioni, e anzi sarei felice di trovarne di valide.
Nei trattati buddhisti si parla di sei sensi, di cui il sesto sarebbe quello attraverso cui si percepiscono i pensieri stessi: di questa curiosa classificazione parleremo in seguito.
A mio avviso si potrebbe pensare di ridurre a pochi "atomi esperienziali" ogni fenomeno percepito dalla nostra coscienza (nel capitolo sulla coscienza chiarirò che però al termine “coscienza” andrebbe riservata una definizione di gran lunga più precisa della comune accezione). Prima di capire come ciò sia possibile vorrei usare la similitudine della partita a scacchi. Molti sanno che gli elementi che si muovono sulla scacchiera sono, per ogni schieramento, le otto pedine, le due torri, i due cavalli, i due alfieri, il re e la regina: relativamente pochi pezzi per un gioco così fenomenale e ricco di sfumature. Com’è possibile che battaglie, strategie, lampi di genio, soddisfazioni gioie e frustrazioni intense, siano dovute solo a quei trentadue pezzi?
Eppure è così: sono i “pensieri” che stanno dietro a quei pezzi, le regole del gioco, associati alle infinite combinazioni in cui essi possono disporsi, a creare il mondo scacchistico.
Uscendo dall'analogia, se io dovessi proporre i "pezzi" fondamentali di ogni nostro istante di vita, qualcuno potrebbe ribellarsi vedendo così smontata la sacralità della sua esistenza, e dichiarare che la vita non può essere riducibile a quei pochi pezzi.
E avrebbe ragione: la vita è molto di più, così come gli scacchi sono molto di più di trentadue statuette, e così come la letteratura non è riducibile al numero delle lettere dell’alfabeto né la biologia al susseguirsi di basi azotate del DNA: tuttavia in un’altra ottica tutta la letteratura non è altro che una combinazione di quelle poche lettere.
È giunto quindi il momento di presentare gli “atomi esperienziali”. È chiaro che da un “ricercatore sincero” (epiteto con cui il monaco Buddhadasa iniziava i suoi discorsi) mi posso aspettare varie obiezioni, per esempio il suggerimento di aggiungere “atomi” che ho trascurato, sfuggiti alla mia ricerca, ma credo sia difficile che possa criticare l’impostazione atomistica di per sé. Infatti se questo studioso dovesse riferire di uno stato mentale che non ha alcun legame con gli “atomi”, dovrebbe comunque essere in grado di descrivere sommariamente questo stato (immaginiamo un particolare rapimento mistico o l’effetto di una certa droga), e sfido chiunque a concepire alcuna descrizione che trascenda contemporaneamente sia i sensi che i pensieri, cioè gli “atomi” di cui sotto. Esperienze di questo genere, se esistono, sono indescrivibili e quindi non possono essere oggetto di studio scientifico. Tuttavia sono pronto ad analizzare possibili obiezioni, e anzi sarei felice di trovarne di valide.
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