VYPASSANA
L’analisi della mente nata dagli esercizi di Vypassana comprende un’infinità di testi filosofici. Lo scopo di questo capitolo è approfondire la conoscenza dei pensieri e degli altri aggregati attraverso alcuni esperimenti mentali. Questi esperimenti saranno seguiti da citazioni dei più grandi filosofi buddhisti in merito ai temi affrontati.
- In postura meditativa e in totale (o per meglio dire quasi totale) immobilità, focalizzarsi su qualunque fenomeno appaia ai “sei sensi” (in particolare sul fenomeno che appare con più forza, con più intensità) senza compiere alcun lavoro concettuale su di esso, lasciando che appaia e scompaia senza volerlo trattenere o respingere, per poi passare al successivo evento “proposto” dalla nostra mente. Quindi gli unici sforzi richiesti sono: l’immobilità, l’attenzione, l’impegno a non proseguire ragionamenti e concettualizzazioni che dovessero insorgere in relazione al vissuto mentale istantaneo. Se tali ragionamenti proseguissero indipendentemente dalla propria volontà, osservarli come si fa con qualunque altro fenomeno, senza alcuno sforzo ulteriore.
Obiettivi dell’esperimento: allenarsi a stare con vari tipi di contenuti mentali (non proprio tutti, come vedremo) senza esserne turbati (anche il turbamento stesso, nei suoi vari vettori, può essere contemplato senza acconsentire a concettualizzazioni “conturbanti”: persistono forse le fugaci sensazioni di tensione ma non i corrispettivi pensieri), e senza alcuna compulsione ad agire in merito ad essi. Ovviamente va pre-impostato un limite di “sicurezza”: “non agirò a meno che non si tratti di una questione di salute non rimandabile” (es. mi accorgo di aver lasciato acceso il fornello, mi si è completamente anestetizzato un piede etc...).
Quindi dovrebbe nascere una maggior apertura e tranquillità nei confronti dei contenuti del nostro vivere interiore, una maggior conoscenza della sottile composizione e forma di tali contenuti, e la netta consapevolezza della loro impermanenza.
Non bisogna porsi come obiettivo le sensazioni di tranquillità, che però potrebbero manifestarsi come sottoprodotto, dovute alla quasi totale assenza di sforzi mentali discorsivi, e alla riduzione delle paure che teoricamente potrebbe sgorgare dall’assuefazione a qualunque contenuto mentale doloroso.
Un ulteriore risultato può provenire dall’analisi di ciò che comunemente chiamiamo “negativo” o “positivo”, come chiarirò nel prossimo articolo.
Whatever occurs externally as the manifold appearance of the five types of external objects (forms, sounds, smells, tastes, and tangibles) or internally as some mental activity, at the very moment of its inception as a field it is seen just as it is, and by the force of its advent it is fully potentiated and then vanishes by itself—how could it possibly remain?—released without trace, and in that moment the three crucial functions—carefree detachment in whatever arises, access to wide-open spaciousness, and easy relaxation into the appearance upon its inception—are assimilated. Thus we capture the citadel that is the natural disposition of pure being.
Longchenpa, Natural Perfection
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