PREFAZIONE
Questo piccolo libro filosofico ha un duplice scopo: in primo luogo fornire alcuni spunti su come si possano affrontare i problemi dell’esistenza attraverso l’uso della ragione e di altre facoltà mentali cognitive ed emotive; in secondo luogo generare delle suggestioni nei ricercatori di psicologia e filosofia della mente affinché intraprendano strade nuove nella conoscenza dei fenomeni mentali.
Personalmente, come molti di noi, ho dovuto spesso affrontare problemi connessi alle mie emozioni, ed è sicuramente questo il motivo che mi ha spinto ad approfondire uno studio non direttamente legato al mio lavoro. Bisogna però precisare che, come anestesista, ho a che fare tutti i giorni con fenomeni cerebrali come il dolore, la coscienza, le percezioni sensoriali, e con le manipolazioni farmacologiche di tali fenomeni, e la mia idea di “mente” non prescinde mai da tutto quello che ho imparato in ospedale.
Dato che i miei studi universitari non mi permettevano di avere un quadro sufficientemente chiaro della multiforme e complessa materia psicologica (troppe teorie articolate e raffinate ma, a una prima valutazione, poco incisive per il mio personale vissuto) mi sono interessato a una filosofia che da millenni si dedica all’analisi filosofica ed esperienziale della mente: il Buddhismo, nella sua componente laica, in particolare alla tradizione filosofica che risale al filosofo indiano Nagarjuna (II secolo d.C.) e che oggi è rappresentata in modo esemplare dal pensiero del Dalai Lama.
Credo che oggi molte persone, non religiose ma desiderose di far chiarezza nel proprio intimo, siano disorientate: mentre per chi ha vere e proprie malattie mentali esistono opportune terapie mediche, per chi affronta i problemi più sfumati e non necessariamente patologici della quotidianità emotiva non ci sono “santi” a cui rivolgersi, a cui chiedere un consiglio: accanto a sacerdoti di vari credo, a volte saggi ma anche portatori di una visione del mondo non sempre compatibile con la razionalità moderna, troviamo guru del pensiero positivo, ma è chiaro che dovrebbe essere lo psicologo moderno a delineare le linee di condotta ideali per migliorare la personalità dell’uomo del nostro millennio. Questo non significa certo che le religioni vadano abolite, ma semplicemente che la saggezza che da esse promana va comunque sottoposta a un’analisi logica, filosofica, o per lo meno esperienziale, per non cadere nelle superstizioni, nei ritualismi vuoti o peggio in dogmi falsi che persistono solo per tradizione.
Secondo una certa corrente di pensiero i fenomeni mentali possono essere indagati, da chi li sperimenta, in prima persona, tentando di elaborarne, insieme ad altri "indagatori" opportunamente preparati, modelli e leggi, come avviene in ogni altro ambito scientifico.
A chi diffida dell’ingresso nella Scienza di teorie con una forte base soggettiva faccio notare che perfino gli esperimenti scientifici più rigorosi e razionali sono basati in primo luogo sull'esperienza sensoriale momentanea degli sperimentatori, che registrano dati provenienti dai cinque sensi, e poi li rielaborano secondo determinate costruzioni teoriche. Perciò la soggettività (o per lo meno una forma di soggettività "condivisa") è alla base della scienza stessa.
La psicologia introspettiva (che in questo testo assume connotati particolari e quindi chiameremo “filosofica”, o “interiorista” anche se la sua ambizione- come vedremo- è quella di essere definita “scientifica”) nasce in Occidente dal pensiero di filosofi e psicologi come Hume, William James e Wundt, ma molto prima che in Occidente un notevole contributo allo studio introspettivo della mente è stato apportato da pensatori e meditanti orientali, buddhisti e induisti, che hanno raggiunto a mio avviso una profondità maggiore, pur avendo composto trattati in cui la componente metafisico-religiosa non è trascurabile, scritti che presentano inoltre per ragioni culturali una minore sistematicità.
In seguito al mio incontro col pensiero di esperti meditanti sia occidentali che orientali, particolarmente coloro che fanno capo all'istituto Mind and Life (M.Ricard, A.Wallace, R. Davidson e l’ispiratore stesso dell’Istituto: il Dalai Lama) ma anche influenzato dagli scritti di Buddhadasa, Gunaratana, Pa Auk Sayadaw e altri esponenti Theravada,
ho avvertito l'esigenza di classificare e rendere più organiche le importanti intuizioni di questi pensatori, rimanendo al livello di base delle loro dottrine e volutamente tralasciando le componenti avanzate, allo scopo di tracciare i fondamenti di questa materia, una disciplina che, non solo a mio parere, può portare molti occidentali nella direzione di un maggior benessere mentale.
A chi diffida dell’ingresso nella Scienza di teorie con una forte base soggettiva faccio notare che perfino gli esperimenti scientifici più rigorosi e razionali sono basati in primo luogo sull'esperienza sensoriale momentanea degli sperimentatori, che registrano dati provenienti dai cinque sensi, e poi li rielaborano secondo determinate costruzioni teoriche. Perciò la soggettività (o per lo meno una forma di soggettività "condivisa") è alla base della scienza stessa.
La psicologia introspettiva (che in questo testo assume connotati particolari e quindi chiameremo “filosofica”, o “interiorista” anche se la sua ambizione- come vedremo- è quella di essere definita “scientifica”) nasce in Occidente dal pensiero di filosofi e psicologi come Hume, William James e Wundt, ma molto prima che in Occidente un notevole contributo allo studio introspettivo della mente è stato apportato da pensatori e meditanti orientali, buddhisti e induisti, che hanno raggiunto a mio avviso una profondità maggiore, pur avendo composto trattati in cui la componente metafisico-religiosa non è trascurabile, scritti che presentano inoltre per ragioni culturali una minore sistematicità.
In seguito al mio incontro col pensiero di esperti meditanti sia occidentali che orientali, particolarmente coloro che fanno capo all'istituto Mind and Life (M.Ricard, A.Wallace, R. Davidson e l’ispiratore stesso dell’Istituto: il Dalai Lama) ma anche influenzato dagli scritti di Buddhadasa, Gunaratana, Pa Auk Sayadaw e altri esponenti Theravada,
ho avvertito l'esigenza di classificare e rendere più organiche le importanti intuizioni di questi pensatori, rimanendo al livello di base delle loro dottrine e volutamente tralasciando le componenti avanzate, allo scopo di tracciare i fondamenti di questa materia, una disciplina che, non solo a mio parere, può portare molti occidentali nella direzione di un maggior benessere mentale.
La prospettiva filosofica o introspettiva non si contrappone alle Neuroscienze tradizionali, ma ne integra le conoscenze sulla mente, che stanno sempre più sviluppandosi grazie alle moderne tecnologie (ad esempio la risonanza magnetica funzionale). Per impostarne una sorta di “manifesto” inizierò con una semplice classificazione dei fenomeni mentali, per poi passare ai veri e propri esperimenti, alle possibili architetture teoriche, alle applicazioni pratiche e a progetti futuri .
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